Galleria fotografica opere

Galleria completa delle opere su:
https://www.enzotedeschi.it/

CRITICA:

LUOGHI NON LUOGHI 2008

 

"Il tuo pianeta è così piccolo che in tre passi ne puoi fare il giro. Non hai che da camminare abbastanza lentamente per rimanere sempre al sole. Quando vorrai riposarti camminerai e il giorno durerà finché tu vorrai."
Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry

 
Enzo Tedeschi continua il percorso che lo ha portato a toccare le sponde di una nuova, personale Metafisica, presentandoci dei luoghi che, parafrasando De Chirico “danno l’impressione che altri segni, oltre a quelli già palesi, debbano subentrare nel quadrato della tela. Tale è il simbolo della profondità abitata.” Le sue immagini mostrano paesaggi senza tempo, privi di stabili coordinate geografiche: luoghi della mente in cui le piccole, isolate figure umane si stagliano su fondi desolati, in attesa di qualcosa che forse non accadrà mai. Alcune, sovrastate da simboli incombenti, sono in silenziosa contemplazione, altre si affaccendano in attività senza scopo apparente, come i personaggi che il Piccolo Principe incontra durante il suo viaggio: il Geografo, l’Uomo del lampione, il Vanitoso, tutti incapaci di guardarsi intorno, di provare empatia, di comunicare, rassegnati e schiacciati da un fato di antica ascendenza. Le lettere dell’alfabeto che si ergono come monoliti tra dune di sabbia o modulano una nuova Torre di Babele, si caricano così di una potente forza evocativa; attraverso esse l’autore riflette sul potere dei linguaggi, solleva interrogativi sui metodi della comunicazione e, ancora più in fondo, sul concetto di esistenza. Sappiamo come la fotografia sia in grado di conferire a ciò che viene ripreso la certificazione di autenticità: quel “è stato” così sensibilmente espresso da Roland Barthes, che fa sì che ciò che si vede nella foto sembri tanto sicuro quanto quello che si tocca. In questo territorio liminale realtà e verità si compenetrano: le costruzioni della mente prendono forma, il bidimensionale acquista corpo, gli edifici, decontestualizzati e fuori scala, perdono la loro funzione originaria, l’uomo è sagoma silente nel deserto. In un’epoca di colonizzazione digitale, le fotografie di Enzo Tedeschi divengono una precisa dichiarazione di intenti: le accurate messe in scena, piccoli plastici che richiedono lunghi interventi di preparazione e assemblaggio, sono riprese con strumenti analogici. La stampa in camera oscura accentua le atmosfere evocative e conferisce all’autore lo status di homo faber: colui che unisce la téchne al logos e al mythos, capace cioè di progettare, eseguire e realizzare, riconoscendo se stesso nel prodotto ottenuto.
 

Lorella Klun

 

CRITICA:

Per Enzo, nato a Udine nel 1952, la passione per la fotografia inizia presto. Il fascino esercitato dalle vibrazioni luminose amalia la sua sensibilità fin da ragazzo. L'impeto irruente della sua creatività lo spinge caparbiamente a sperimentare in questa direzione e con l'allestimento di una camera oscura alla fine degli anni '70 finalmente può stampare le sue foto accrescendo la portata del suo intervento sulla sua percezione della realtà.
All'inizio degli anni '90 dopo un decennio di soddisfazioni derivanti da vari riconoscimenti come mostre collettive, personali e vincite di vari premi "appende la macchina al chiodo". Così è solito lui definire il suo momento di stacco, gli anni di incubazione che lo hanno portato ad una più consapevole e personale elaborazione di ciò che lo circonda. Sicuramente anni di profondo malessere emotivo causati da una apparente caduta di interesse in quello che fino ad allora tratteggiava la sua identità. Nel 2006 varie circostanze sbloccano questa situazione apparentemente definitiva, Enzo ritrova finalmente quella passione che non si era mai assopita ma che aspettava paziente di rigenerarsi con un potere imprevisto, nuovo e ancora più vigoroso!
Da allora, (le sue opere lo testimoniano), la sua creatività si nutre di sempre nuova linfa che gli deriva dalla sua attitudine visionaria spintasi soprattutto con i lavori della serie "Luoghi non luoghi" in lande sconosciute della sua capacità rielaborativa.
Predilige il bianco e nero analogico e continua a sviluppare e stampare personalmente a Cormons (Gorizia) dove vive. Questa attitudine alle "vecchie" maniere non resta un vezzo fine a se stesso, ma diventa una tecnica pregna di valore espressivo e fondamentale per strutturare i significati simbolici inglobati nella sua estetica.
 

Elena Del Fabbro